martedì, dicembre 27, 2005

Il partito del Corriere spiazza La Repubblica

I segni erano nell'aria già da tempo, e non è necessario tornare al periodo di Mani Pulite per rendersi conto che la battaglia tra i due principali centri di orientamento politico in Italia è ripresa in grande stile. Stiamo parlando di La Repubblica e del Corriere della Sera. Prima di procedere oltre converrà indagare come è strutturata la comunicazione in Italia. Tutti noi viviamo ancora in sistema di riferimento vecchio, ritenendo che la televisione (Rai, più Mediaset, più La sette e i network locali) sia ancora il principale mezzo di comunicazione e orientamento politico. Ciò non è vero da diversi anni. Un possibile punto di rottura è segnato dal successo conseguito da Rupert Murdoch con Sky.

Mentre le televisioni satellitari precedenti erano naufragate per mancanza di sufficiente offerta nell'entertainement (soprattutto nei film, offerti ancora in buon numero dalla televisione generalista), Murdoch ha acquisito la maggior parte dell'offerta di cinema. Nel settore dell'informazione SkyNews e Sky Tg24, diretto da Emilio Carelli, ha imposto una informazione finalmente liberata dal condizionamento culturale-politico. Il palinsesto di Fox news negli Usa offre una cultura diversa e plurale rispetto alla lunga monarchia di CNN (che era democratica e clintoniana, ma veniva spacciata per «neutrale» come avviene nei Tg italiani di oggi, esclusi Tg3 e Tg4). In Italia, prima di offrire un reale pluralismo dell'informazione era necessario lasciare intravedere un terreno inesplorato, conditio sine qua non per avere una informazione pluralista: offrire una informazione saldamente ancorata alla notizia, al fatto, ai dati, separati nettamente dalle opinioni (che in Sky possono essere autonomamente desunte dallo spettatore).

Anche per questi motivi, in Italia, la televisione standard ha perso la sua credibilità: i diversi leader difficilmente potranno orientare il cittadino attraverso interventi singoli, spot elettorali, veline nei Tg. Soltanto i confronti diretti tra Berlusconi e Prodi avranno la possibilità di spostare voti (l'1% per confronto?). Il pianeta Internet (oggetto di un convegno parlamentare bipartizan al quale ho partecipato) può svolgere un ruolo fondamentale, com'è avvenuto negli USA? I numeri sembrano confermare il dato: in Italia abbiamo 20 milioni di utenti del web e circa 400.000 blog. Rimane purtroppo in auge la nostalgia di Piazza Venezia, di un Vate (o Partito-Vate) che ci spieghi cosa fare, come pensare e chi votare (Beppe Grillo, dodicesimo blogger mondiale secondo Technorati, appartiene a questo genere, si veda qui). Gli elettori pensano questo dei diversi mezzi di comunicazione (Ricerca di Carlo Erminero per la Ce&Co):

Sondaggio sui mezzi di informazione politica.

Come si vede nella tabella, presentata nel convegno Internet e politica, gli elettori del centro destra si orientano preferibilmente con tv e web, mentre la controparte preferisce utilizzare informazioni da quotidiani e radio. In generale le elettrici sono più favorevolmente orientate alle nuove forme di comunicazione politica. Tutti gli elettori di ogni schieramento politico, vorrebbero avere contatti diretti, anche tramite i media, con Silvio Berlusconi (richiesto dal 17% dei cittadini di centro destra e dal 16% da quelli del centro sinistra; al secondo posto Fini, col 15 e il 3%, mentre Prodi è solo terzo col 5 e il 9%). Una speranza concreta è affidata a Internet, dunque (non dimentichiamo che la vittoria di G.W. Bush è avvenuta grazie al sapiente uso delle mail e dei blog, insieme a un successivo door to door).

Allo stato attuale rimangono comunque due i principali mezzi di orientamento politico della popolazione italiana: i quotidiani di informazione e la scuola. Il fatto che la scuola sia una struttura di (de)formazione politico-culturale è argomento che meriterebbe migliaia di pagine di riflessione. Per ora ci basti ricordare che la scuola non ha più trasmesso sapere-cultura, dagli anni '70, ma informazioni. L'eccesso di informazioni e la presenza delle stesse su altri media più accattivanti, ha decretato il fallimento della formazione scolastica ed ha trasformato la stessa in un mezzo di comunicazione di massa. In quanto Medium, la «istruzione» orienta il voto in maniera tanto decisiva, quanto poco democratica. Servirebbe un nuovo codice deontologico per i testi (non solo di storia: anche la letteratura obbedisce ancora al «realismo socialista» di Zdanov e Lukàcs!).

La carta stampata (con i docenti e i manuali di Storia) ha così sostituito la tv come «fonte attendibile». In questo contesto, la guerra economica tra Repubblica e Corriere della Sera è anche una questione politica. In che modo Il Corriere della Sera ha ripreso la leadership piena, dopo anni di scalfarismo? La Repubblica appare soffocata dalle sue pastoie partitiche: dopo decenni di campagne etiche per la moralizzazione della politica, condotte con sfacciataggine giacobina, con impiccagioni medianiche e girando la testa dall'altra parte quando la legge sfiorava finanziatori e amici, il quotidiano di Scalfari oggi si ritrova a essere partigiano di Prodi, Grand Commis di Andreotti (che lo nominò Ministro dell'Industria nel 1978), capo dell'IRI nominato da De Mita, fautore di svendite e fiaschi clamorosi, dall'Alfa Romeo alla Ue. Ma ciò non bastava ancora a far retrocedere il quotidiano romano nella considerazione dell'opinione pubblica italiana, abituata a idolatrare ben altri somari. Essere onusiani e venire sbugiardati dallo scandalo Oil for food non era bastato; essere pro arafatiani ed essere sbugiardati dal sudario di miliardi di euro che ha ricoperto il cadavere del leader palestinese ancor prima del suo decesso non è bastato; aver scritto prima di Ahmadinejad che lo Stato di Israele andava spostato (in Africa o Argentina, indicò Sandro Viola) mentre la seconda Intifada bruciava i corpi degli studenti ebrei e dei passeggeri degli autobus di Tel Aviv non è bastato a Repubblica per cedere credibilità ad altri organi di informazione.

Eravamo nella foia della «pace». Dimenticavamo il Pascal che diceva che la giustizia senza la forza è nulla, perché i cattivi e il male esisteranno sempre. Dimenticavamo, o preferivamo non vedere che i tagliateste erano «i selvaggi che commettono queste nefandezze sono spaventosi, e i popoli civilizzati che le lasciano commettere sono orrendi» (Victor Hugo, citato da André Gluksmann, Occidente contro Occidente, Lindau, 2003). Niente da fare: Repubblica continuava a essere il quotidiano di riferimento, nonostante la perdita dell'unico suo giornalista di politica internazionale credibile e imparziale, Magdi Allam. Ma il contesto è terribilmente cambiato nei mesi estivi: gli assalti di Fiorani ad Antonveneta e quello contemporaneo di Consorte e Unipol alla BLN hanno copernizzato l'orizzonte politico-mediatico. Il Corriere della Sera ha reagito all'assalto condotto da chi aveva ceduto le proprie quote in BNL e si attendeva forse un semaforo verde in cambio.

Qualcosa è cominciato a trapelare: Parisi ha attaccato i DS, accusati di mirare spregiudicatamente alla conquista del capitalismo italiano. Dopo decenni di falsificazione abominevole i dati hanno (male e poco) cominciato a emergere: chi scrive aveva già da qualche mese scoperto la nudità del re diessino: la Lega Coop occupa più di 400.000 dipendenti e fattura 50 miliardi di Euro all'anno. Aggiungiamo Montepaschi di Siena: 26.000 dipendenti e 105 miliardi di raccolta nel solo 2004, dimentichiamoci di migliaia di altre banche, assicurazioni minori, leasing, società pubblicitarie etc. etc. (Di fronte a tanta opulenza, Mediaset, la azienda del conflitto di interessi, occupa 5600 dipendenti, Fiat circa 100.000!). L'affondo della Margherita coglie nel segno, ma solleva un vaso di Pandora. Fassino, infatti, replica su La Repubblica del 12 agosto che la Margherita doveva badare alle travi del proprio occhio. Quali travi? Quelle di Confcooperative, per esempio:

Grafico riguardante le Cooperative.

Le cooperative bianche, quelle agricole, dei servizi sociali appaltati dai comuni solo agli «amici», valgono 426.000 dipendenti (più tre milioni di soci) e 42 miliardi di Euro. (Ulteriori dati) Intervenne anche la sinistra più estrema, levando i consueti richiami al pauperismo francescano dei cardigan di cachemire di Bertinotti, ma la sostanza non cambiò, anzi.

Qual è il quadro attuale? Secondo molti osservatori, Il Corriere della Sera sembra essere diventato organo permanente del duopolio DS-Margherita. In quanto tale ha riassunto la antica vocazione etica. E' facile: i DS nel drammatico dopo Hiroshima dovuto a Consorte, non sono più «eticamente compatibili». E' una rivoluzione. D'Alema è affondato col suo Ikarus, con le ali bruciate dal Sole della Verità, che forse non ci parla di corruzione primaria, ma certo di legami stretti con Consorte e di consuetudine furbesca: dopo l'appartamento popolare per la mamma, pensare a un leasing di 8000 euro c/o la BPI non offre molto spazio all'immaginazione.

Ma nessuno spazio all'immaginazione lascia la scoperta che i due assalti, quello di Fiorani e quello di Consorte, erano coordinati. I due compari si conoscevano, frequentavano, informavano sul reciproco Stato Avanzamento dei Lavori. Fiorani - intercettato - diceva parole inequivocabili come «dobbiamo assecondare Unipol nella scalata a BNL». O, ancora: «Stamattina ho avuto un incontro con Unipol» (Il Corriere della Sera, 22 dicembre 2005). Del resto, i cadaverizzati superstiti di Confindustria avevano necessità di fermare lo tsunami estivo. Di conseguenza, hanno scelto di stare dalla parte dei «giovani leaders», per formare non un partito, ma un movimento di opinione, basato sulle facce di Rutelli e Veltroni e non osteggiato da Montezemolo. Saranno in grado di contrastare lo strapotere di Lega Coop? (off topic: CoopSette è tra i primi cementificatori del Paese, nel silenzio di Pecoraro Scanio). Questo il quadro.

Cosa emerge in sintesi? I DS non sono più il partito berlingueriano della «moralità», sostituiti in questo dai non meno potenti cooperativisti della Margherita, alleati del salotto buono del capitalismo italiano. Ma la Caporetto DS è anche la Caporetto del quotidiano che più di tutti ha sponsorizzato l'idea che potesse esistere un Bene Assoluto nella politica. Di Assoluto negli affari del mondo non c'è nulla: chi lo invoca come Scalfari alzi gli occhi al Cielo, oppure rimanga inchiodato nella palingenesi della smentita eterna: la carne è debole, gli uomini sono fatti di carne e spirito, non sono certo puri ectoplasmi della «buona» ideologia.

Paolo Della Sala

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