giovedì, ottobre 21, 2004

I GIORNI DELL'EROISMO NELLA TRIESTE TRADITA

Si è svolto a Roma, martedì 19 ottobre, promosso dall?Associazione europea Scuola e professionalità insegnante (Aespi) il convegno ?50 anni di Trieste italiana?. Nella sessione mattutina ? dopo il saluto di Lucio Tolh presidente dell?Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e di Angelo Ruggiero, presidente dell?Aespi ? hanno svolto relazioni Massimo De Leonardis, Ester Capuzzo e Marino Micich. Nel pomeriggio si è svolta una tavola rotonda, moderata da Roberto Jacopini, con la partecipazione dei parlamentari Franco Servello, Mario Palombo, Giulio Gamber, Riccardo Pedrizzi, Angela Napoli, Roberto Menia, Roberto Damiani e Valentina Aprea. Di seguito pubblichiamo la testimonianza di Franco Servello.

Al tempo del ritorno di Trieste all?Italia, ero, oltreché consigliere comunale del Msi a Milano, direttore del settimanale ?Meridiano d?Italia?, che ebbe, per unanime ammissione, un ruolo di primo piano nello smuovere i sentimenti degli italiani verso le sorti della città ?italianissima?.
La drammatica vicenda di Trieste ebbe inizio allorché, in vista della fine del conflitto, il Pci, in esecuzione degli ordini arrivati da Mosca, si dichiarò pienamente solidale con Tito, concordando con la richiesta del capo jugoslavo di annettersi la Dalmazia, l?Istria e la Venezia Giulia, compresa ovviamente Trieste. I capi comunisti triestini, Luigi Frausin e Vincenzo Gigante, non disponibili ad assecondare le richieste di Tito, furono fatti cadere, con una spiata, nelle mani della Gestapo. Durante gli ultimi mesi di guerra (periodo che segnò la definitiva perdita, per l?Italia di Zara e della Dalmazia), la popolazione di ceppo italiano incominciò seriamente a pensare all?esodo.
Né potevano fare altrimenti, dal momento che, nei 40 giorni che intercorsero, tra l?arrivo a Trieste del IX Korpus (1° maggio 1945) e l?attuazione della ?linea Morgan?, cioè la consegna di Trieste, Gorizia e Pola agli inglesi avvenuta il 12 giugno 1945, si verificò la terribile seconda stagione delle foibe, dopo l a prima, che aveva avuto luogo subito dopo gli eventi dell?8 settembre 1943. Una stagione che costò la vita ad almeno 20.000 italiani(e la cifra è approssimata per difetto), e alla quale gli Alleati assistettero inerti.
Il dramma ebbe il suo epilogo con la firma del Trattato di Pace il 10 febbraio 1947, a Parigi. L?Italia era sola. Dall?altra parte del tavolo stavano i rappresentanti di 21 nazioni, i vincitori della seconda guerra mondiale. De Gasperi non era andato. Aveva inghiottito la sua dose di fiele durante le riunioni della Conferenza della pace (agosto-ottobre 1946) quando Moloiov, il ministro degli Esteri sovietico, leggendo un discorso scrittogli da Palmiro Togliatti, aveva affermato che ?l?Istria e la Venezia Giulia sono terre e popolazioni slave e non italiane?.
Purtroppo non fu l?unica prova di asservimento agli interessi di Tito da parte del Pci, o quanto meno dei suoi vertici. Per tutta la durata della Conferenza, il Pci, che pure in Italia era forza di governo, esercitò un?azione micidialmente contraria agli interessi italiani e favorevole a quelli jugoslavi. De Gasperi avrebbe potuto certamente ottenere di più se avesse avuto dietro di sé l?unità di tutto il popolo. Ma i comunisti lo tradirono, e di questo tradimento raccolsero i frutti Tito e la Russia. Il comunista Emilio Sereni, che ricopriva la determinante carica di ministro per l?Assistenza post-bellica, e sul cui tavolo finivano tutti i rapporti con le domande di esodo e di assistenza provenienti da Pola, da Fiume, dall?Istria e dalla ex-Dalmazia italiana, anziché farsene carico e rappresentare all?opinione pubblica la drammaticità della situazione (tra le domande ve ne erano non poche firmate da esponenti comunisti italiani rimasti dall?altra parte della linea Morgan, che tuttavia si sentivano prima di tutto italiani), minimizzò e falsificò i dati. Rifiutò di ammettere nuovi esuli nei campi profughi di Trieste con la scusa che non c?era più posto e, in una serie di relazioni a De Gasperi, parlò di ?fratellanza italo-slovena e italo-croata?, sostenendo la necessità di scoraggiare le partenze e di costringere gli istriani a rimanere nelle loro terre, e affermando che le notizie sulle foibe erano ?propaganda fascista?. E invece, nelle foibe erano finiti 20 mila italiani!?.
Governatore militare inglese di Trieste era il generale John Winterton. L?amministrazione della città era democristiana. All?opposizione stavano i comunisti, schierati con Tito e sostenitori della consegna della città alla Jugoslavia, e i missini, comparsi sulla scena politica alla fine del 1947, ad opera di Giuseppe Sonzogno e Gemma De Colò, ex comandante delle Ausiliarie di Trieste. Segretario provinciale era Flavio De Ferra, giovanissimo reduce della Rsi. Al Msi avevano aderito numerosi professionisti e intellettuali. Tra le donne, Carmen Giorgeri, madre del generale Licio Giorgeri che sarà assassinato dalle Brigate Rosse nel 1987. L?unico uomo politico che riempiva le piazze di Trieste era Giorgio Almirante.
Gli scontri tra i giovani missini e i comunisti erano continui, con coinvolgimento della polizia militare inglese, arresti e feriti. L?8 marzo 1953, al termine di un comizio di De Marsenich, si formò un corteo. Una bomba esplose tra la folla e ferì gravemente, mutilandoli, Fabio De Felice e Cesare Pozzo, nonché, meno gravemente, altri 17 giovani. Almirante non ebbe dubbi: ?E? una bomba slava?, denunciò. Il 4, 5 e 6 novembre 1953 furono i tre giorni più drammatici. In totale si ebbero 6 morti e 55 feriti, in prevalenza giovani missini. La Federazione del Msi fu assalita e devastata dai comunisti. Nessuna protesta ufficiale si levò dal governo di Roma.
Come direttore del ?Meridiano d?Italia? rilevai quella carenza, e il giornale si impegnò, assieme al partito e al suo organo ufficiale, il ?Secolo d?Italia?, in una intensa campagna per la restituzione di Trieste all?Italia?, in una intensa campagna per la restituzione di Trieste all?Italia. Nel numero del 10 ottobre 1954 scrivemmo che ciò che era avvenuto il giorno 5 (la partenza degli inglesi) era solo un ritorno all?Amministrazione, ma non alla Sovranità. Denunciammo che sicura era soltanto la perdita della zona B e dell?Istria. Città italianissime come Capodistria, Parenzo, Pirano, Cittanuova e Bule erano perdute per sempre. Senza contare il fatto che nessuna nuova iniziativa era stata intrapresa per il rilancio dell?economia di Trieste, né industriale, né commerciale. La città era in agonia, la piccola e media impresa in crisi, con 25 mila disoccupati. Da quel momento ci impegnammo a fondo, anche come partito, per il rilancio di Trieste. criticammo aspramente la stampa asservita al rinunciatarismo democristiano e al filotitoismo comunista. Per mesi e mesi proseguimmo la nostra campagna denunciando che gli slavi continuavano ad operare liberamente a Trieste, appoggiati e sostenuti dai comunisti locali, mentre dalle città e dai paesi della Zona B continuava l?esodo degli italiani, odiati, perseguitati e derubati di ogni loro avere: denaro, beni, case e terreni. E attaccammo anche il presidente del Consiglio Scelba, che non aveva detto una parola sui paesi e i villaggi della Zona A ceduti a Tito a seguito del memorandum di Londra. Un rinunciatarismo che avrebbe trovato la propria sublimazione con il trattato di Osimo del primo ottobre 1975, con il quale l?Italia rinunciò definitivamente alla Zona B perdendo così per sempre quella piccola parte di Istria di cui avrebbe avuto pieno diritto di rientrare in possesso.

(tratto dal website di Alleanza Nazionale)

giovedì, ottobre 14, 2004

I valori cattolici e l'omosessualità (che centra Buttiglione?)

A proposito della posizione della Chiesa sull'omosessualita, mi permetto anch'io uno sfogo.

Mi ha scandalizzato che Rocco Buttiglione, che fra tre settimane inizierà il suo compito di commissario all'Unione Europea sia stato messo pesantemente in discussione, perche "troppo cattolico". Aveva detto chiaramente che l'omosessualita è un peccato: è la sua posizione morale, da cristiano. Aveva valorizzato il ruolo della donna come sposa e madre. Per quello è stato rifiutato come commissario dalla Commissione Libertà dell'Europarlamento. Le ragioni: "Dopo il suo commento che l'omosessualita è un peccato, la commissione non lo stima capace di mettere in pratica la Carta EU sui diritti fondamentali", "E' difficilmente accettabile un commissario che dichiara l'omosessualità come moralmente riprovevole".

Qualche tempo fa ho letto che un vescovo tedesco e stato accusato da un'associazione gay per "discriminazione", per aver condannato l'omosessualita. Non so come e finita questa storia, ma se
andiamo avanti cosi, teoricamente le gerarchie ecclesiastiche potranno essere condannate se difendono la posizione cattolica.

I diritti fondamentali dell'Uomo sono fraintesi se con "Uomo" non si
intende piu "Creatura di Dio". La libertà è fraintesa come libertà dalla
legge di Dio, dallo sguardo di Dio, dalla morale che Dio ci suggerisce
nel nostro cuore. L'uguaglianza fraintesa pretende di rendere uguale quello
che non e stato creato uguale. Dio ha creato l'uomo e la donna uguali in
dignità, come sua immagine, ma non uguali nel senso di sostituibili.
Allora certo che la Chiesa cattolica non è conforme a questa caricatura
dei diritti fondamentali dell'uomo.